Non era il deposito di una ditta di ricambi plurimarche per auto e neanche un locale destinato ad un’autofficina, ma, quando i poliziotti hanno fatto irruzione nei locali di via Guglielmini, hanno capito di avere a che fare con un’attività commerciale letteralmente clandestina solo grazie all’assenza di un registratore di cassa e di qualsivoglia licenza.
Si è così conclusa la fiorente attività di ricambistica per auto di due uomini, padre e figlio tra loro che, al confine tra Brancaccio e Villabate, avevano sviluppato un’idea imprenditoriale dai contorni del ricco business.
Padre e figlio avevano messo su un’ “azienda” che riproduceva fedelmente, anche nella geografia dei locali, quella di un autoricambi: ingresso con scivolo dalla strada principale, ampio bancone con area riservata ai clienti in attesa, capienti scaffali settorializzati per genere di articolo di ricambio, evidentemente in precedenza inventariato e zona carico e scarico merci corredato di paranco meccanico.
I poliziotti del Commissariato di Brancaccio sono giunti in via Guglielmini dopo avere amaramente registrato una recente escalation di furti d’auto nel settore cittadino di loro competenza e dopo avere raccolto il chiacchericcio di quartiere relativo all’esistenza in zona di un “ricambista” che avesse sbaragliato il settore con prezzi “fuori mercato”.
E’ bastato qualche giorno di appostamento nei pressi dell’esercizio per costatare come il locale fosse particolarmente frequentato, non solo da avventori provenienti dal mondo del “fai da te” della meccanica ma anche da operatori del settore che ormai consideravano l’officina in questione come un autentico punto di riferimento.
Sull’onda emotiva dell’inziale successo, padre e figlio avevano d’altro canto smarrito la necessaria prudenza di chi agisce in clandestinità per operare ormai alla luce del sole.
Tra parti meccaniche e di carrozzeria di vetture, migliaia i pezzi di ricambio dislocati sugli scaffali ed offerti e venduti ai clienti con la cortesia ed il garbo del commerciante di lungo corso.
A questa conclusione sono giunti i poliziotti che, a più riprese, sono entrati nel locale, fingendosi clienti di volta in volta interessati ad articoli diversi e, tra i più disparati.
Plausibile che padre e figlio con la loro officina rappresentassero il terminale di una organizzazione dedita ai furti d’auto, convinta che l’illecita attività fosse più lucrosa ancora, con l’immissione sul mercato parallelo della ricambistica di singoli parti meccaniche delle vetture rubate.
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