In testa al corteo i fratelli Ottavio e Piero Abbate, mancava solo Luigi, Gino u mitra, in carcere perché ritenuto il capomafia del quartiere. Indagine della squadra mobile
Ne scrive Salvo Palazzolo su La Repubblica, qui
Appena il feretro esce dalla chiesa di Santa Maria della pietà, un uomo fa un cenno con la mano. E partono i fuochi d’artificio. Mentre le vie di acceso al quartiere vengono chiuse. I boss della Kalsa, il cuore della città vecchia, sono lì. In testa al corteo funebre. Ottavio e Piero Abbate, tornati in libertà da qualche tempo, stringono mani e dispensano baci. Il defunto è il marito della sorella, Antonino Cinà, aveva solo qualche piccolo precedente penale. Ma è la famiglia Abbate che il quartiere ossequia durante il percorso del feretro.
Sabato mattina, saracinesche abbassate e applausi. Per le strade della Kalsa manca soltanto il terzo fratello Abbate, Luigi, soprannominato Gino u mitra. È in carcere con l’accusa di essere stato il più autorevole dei capimafia della zona. Le ultime indagini dicono che adesso è Ottavio a occuparsi della famiglia: di recente, è stato intercettato mentre parlava con i mafiosi di un altro clan, cercava di riscuotere i soldi di una partita di droga. Gli Abbate continuano ad avere un ruolo in Cosa nostra, ecco perché quel funerale non è piaciuto affatto al questore Guido Longo. Vietarlo d’autorità non si poteva, perché il defunto non aveva precedenti per mafia, ma i poliziotti della squadra mobile hanno filmato tutto il corteo. E il questore dice: «Denunceremo la ditta che ha lanciato i fuochi d’artificio e chi li ha chiesti. A Palermo non ci sono zone franche».
Dopo i giochi pirotecnici sono arrivati anche i piccioni bianchi, liberati lungo il corteo. E, intanto, il traffico attorno al Foro Italico era in pieno caos. A chiudere la piazza ci hanno pensato tre operatori ecologici della Rap, la polizia sta verificando se erano in servizio. Di sicuro, piazza Kalsa resta un simbolo, per la mafia e l’antimafia. Per anni, il chiosco delle bibite gestito dagli Abbate è stato una sorta di esclusivo club per i boss, nonostante fosse sequestrato. Alla fine, la polizia l’ha fatto rimuovere. Sabato, i boss hanno provato a riprendersi la piazza. «Ma chi sbaglia paga», dice il questore Longo