Quella partita è rimasta scolpita nel esile orizzonte della storia calcistica Ficarazzese è per molto tempo fu un riferimento generazionale, una memoria collettiva, uno sfondo, un contenitore di altre innumerevoli partite che quel Ficarazzi in quegli anni eroici aveva giocato come Davide contro Golia.
Forse fu il capolinea quel giorno grigio e freddo d’inverno madonita, un filmato in bianco e nero, il riassunto personale di un gruppo, di un movimento, di un momento di tutti, e una domanda senza risposta, perché tutto questo finito il giorno?
E tutti a rivivere quella storica impresa, battere tra le sue mura amiche il Castelbuono che non perdeva da anni in casa, battere una società che duellava col colosso di Villabate gestione super-Corso, a battere una squadra che esprimeva gioco corale, schierava gente di categoria superiore, lottava per un posto in Promozione.
Sugli spalti gremiti di madoniti tra coppole nere pochi ficarazzesi che in mattinata avevano affrontato insieme alla squadra curve e tornanti, pioggia e asfalto ghiacciato, nubi nere e basse, vento gelido su macchine che andavano, tiravano il fiato, scoppiettavano quasi si fermavano, come il furgone di Luigi il Barioto e quello di Nino Monti a fare da pullman per la squadra.
Squadra che affronta le trasferte e gli avversari più quotati con aria di sfida, senza paura, senza soggezione e anche con un pizzico di superiorità, noi che veniamo dal mare, dalla costa, dalla città, voi che state tra le montagne che vedete prati,pascoli,pecore e mucche come potete essere superiori a noi che siamo figli del Palermo, nipoti del Bagheria, cugini del Cantiere Navale?
I protagonisti in un campo che sembrava una trazzera dove da poco erano passati centinaia di buoi, si batterono tra fango e creta, sputando sudore e imprecando contro avversari agguerriti e decisi senza mai tirare indietro la gamba, con le facce ridotte a maschere di fango come guerrieri greci a difendere difesa e centrocampo dai continui assalti delle folate madonite, sul passo del Failla.
E quando è quasi finita succede quello che nel calcio succede spesso, Clemente dopo avere fatto barricate e portato palla, pesca Totò Rammacca stremato dalla lotta impari con una difesa di ferro, ma ancora con un pizzico di lucidità, il tiro che effettua sprigiona una potenza che si mischia con il vento e il gelo che soffia da Piano Battaglia sui Platani attorno al Failla e fa secco Lo Nigro infreddolito, stupito che scuotendo la rete che rischia di sfaldarsi. È un gol super e siamo al novantesimo, il gol della vittoria.
Un gol memorabile in un giorno matto, in una partita incredibile contro l’Armata invincibile, incredulo Marcello abbraccia anche il custode del campo. La gente Madonita genuina e sincera ammutolisce, resta seduta sui gradoni bagnati con lo sguardo smarrito nel vuoto, noi, pochi ci abbracciamo e gridiamo stupiti per la prodezza del poderoso Totò e per le indomita prestazione del ruppo azzurro.
Loro erano tosti e duri con grandi individualità, noi, una pattuglia che non ha mollato mai lottando su ogni pallone per tutta la partita.
Era un altro calcio, era un’altra generazione, oggi ci rimangono solo i ricordi delle foto ingiallite, di giovanotti magri e pieni di capelli e qualche maglia azzurra chiusa in qualche baule pieno di polvere, il calcio era sogno, oggi è una triste realtà.
Giuseppe Morreale