STALKING è un termine mutuato dall’inglese, e significa letteralmente “fare la posta”. Si tratta di un fenomeno trans-culturale che costituisce reato in molti Paesi. In Italia le condotte tipiche dello stalking sono punite come “atti persecutori”. L’art. 612-bis c.p. è stato introdotto il 23 aprile 2009 con la conversione in legge del D.L. 23 febbraio 2009. Al comma 1 recita: «Salvo che il fatto costituisca più grave reato, è punito con la reclusione da sei mesi a quattro anni chiunque, con condotte reiterate, minaccia o molesta taluno in modo da cagionare un perdurante e grave stato di ansia o di paura ovvero da ingenerare un fondato timore per l’incolumità propria o di un prossimo congiunto o di persona al medesimo legata da relazione affettiva ovvero da costringere lo stesso ad alterare le proprie abitudini di vita>>.
Curci e Galeazzi (2002) parlano di “sindrome” dello stalking costituita da: un attore (lo stolker) che individui una persona nei cui confronti sviluppare un intensa polarizzazione ideo-affettiva; una serie ripetuta di comportamenti con caratteristiche intrusive di sorveglianza, contatto e/o di comunicazione; la vittima dello stalking che percepisca soggettivamente come intrusivi, intensi e sgraditi tali comportamenti, avvertendoli in associazione con senso di angoscia, paura e minaccia.
Meloy e il suo gruppo, operativi in ambito psichiatrico forense a San Diego hanno adottato due definizioni di stalking: : quella di “erotomania non delirante o borderline” e quella di “inseguitori ossessivi”.
Nel primo caso – erotomania borderline – le molestie persistenti nei confronti della vittima – con la quale normalmente lo stalker ha avuto una relazione sentimentale – configurerebbero un tentativo di difesa dalla ferita narcisistica suscitata dall’abbandono. Nel secondo caso – inseguitori ossessivi – le ossessioni rappresenterebbero l’elemento fondamentale che spinge lo stalker ad atti caratteristici come pedinare, spiare, seguire, aggirarsi attorno alla vittima.
Tale reato ha attirato l’interesse del pubblico soprattutto per casi legati a personaggi dello spettacolo e dello sport oltre che per episodi di cronaca nei quali i delitti erano stati preceduti da atti persecutori. Lo Stalking è un fenomeno complesso ed eterogeneo poiché lo stesso comportamento può essere innescato da motivazioni diverse che solo l’attenta analisi del caso specifico può decifrare. L’attenta analisi dei bisogni e dei desideri che innescano il comportamento molesto, ha consentito di individuare cinque tipologie di Stalkers (Mullen et al., 1999):
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i molestatori rifiutati, i quali si oppongono alla fine di una relazione intima con azioni finalizzate a ripristinarla, ovvero soggetti che non riescono ad accettare l’abbandono del partner o di altre figure significative attuando al contempo una vera e propria persecuzione nel tentativo di ristabilire il rapporto. Sono i molestatori statisticamente più pericolosi per quanto riguarda la possibilità che lo stalking degeneri in atti criminali di violenza fisica nei confronti della vittima. In ambito cinematografico, questo prototipo di persecutore è ben rappresentato nel film Attrazione fatale (1987) dove l’amante occasionale, Glenn Close, una volta abbandonata, mette in pratica dei comportamenti progressivamente sempre più intrusivi e violenti ai danni del suo seduttore Michael Douglas, fino a trasformarne la vita in un inferno in cui niente è al sicuro.
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il molestatore “rancoroso”, ovvero colui che, generalmente affetto da disturbi di personalità paranoide, agisce le sue molestie per vendicarsi di un torto che ritiene aver subito da parte della vittima. Normalmente questa tipologia di stalker presentano un livello di pericolosità contenuta per ipotesi di violenza fisica, rappresentata attraverso le molestie e gli insulti ma difficilmente agita.
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il molestatore “predatore”, vero e proprio inseguitore della vittima, nei cui confronti prepara l’attacco, che spesso viene rappresentato da una violenza sessuale. Tale tipologia di stolker è anche definita “molestatore sessuale” o “conquistatore maldestro” ed individua l’oggetto del loro desiderio nella vittima ( anche sconosciuta ) effettuando una serie di tentativi di approccio incapaci o incuranti dei segnali di fastidio da parte della vittima. Le molestie attuate in questo caso, poichè risvegliano in chi le subisce uno stato d’animo di ansia, panico, sfiducia e inferiorità, pongono immediatamente l’autore di una posizione di sadica superiorità psicologica. La vittima solitamente risponde o con la paralisi della volontà, una condizione di impotenza in cui l’istinto di vita sembra prosciugato, o con un blocco motorio. Nel film A letto con il nemico, si evidenzia proprio il comportamento fin qui descritto. Infatti Julia Roberts, moglie maltrattata dal marito, si finge morta per sfuggire al suo strapotere, ma viene da lui ritrovata e tormentata con una serie di molestie di intensità e violenza crescente. In questo gruppo il tasso di violenza è molto alto. I soggetti appartenenti a tale categoria, talvolta presentano modalità compulsive e possono giungere a vere e proprie forme di delirio. Per ciò che attiene agli indici di pericolosità i molestatori sessuali abituali possono divenire potenziali stupratori mentre i cosiddetti conquistatori maldestri sono pressochè innocui.
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lo stalker “inadeguato” o “incompetente”. Esso è rappresentato dal corteggiatore fallito in cerca di partner. E’ di solito un soggetto che desiste facilmente e cambia continuamente bersaglio. Qui lo stalker è una persona che non sa come stringere un rapporto di qualsiasi tipo con la vittima, e nell’incertezza e incapacità, finisce in maniera per lo più involontaria, per assumere il ruolo di molestatore. Anche in questo caso la cinematografia riprende tale categoria, e precisamente nel film Senza pelle (1994) in cui tale Gina, subisce la “corte” a distanza, fatta da telefonate mute, pedinamenti e lettere anonime, da parte di Saverio, giovane psicotico, che non conosce altri mezzi per avvicinare la donna che desidera.
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i molestatori “in cerca di intimità”, sono coloro che, in preda ad una vera e propria erotomania, aggrediscono vittime sconosciute e personaggi celebri di cui si sono innamorati, al fine di instaurare una relazione. Le loro molestie tendono, rispetto alle altre tipologie, ad essere più lunghe nel tempo e scarsamente scoraggiate da azioni legali. Lo stalking in questo caso si configura come un modo di superare la solitudine per ricercare anche tramite la “violenza” un rapporto con un “generico” altro che fino a quel momento era proprio uno sconosciuto o un conoscente più o meno occasionale. Nel romanzo L’amore fatale, Jan McEwan mette in scena infatti una vicenda paradossale ma esplicativa di quanto descritto: la vita del protagonista Joe viene sconvolta dall’intrusione di Jed Parry, un fanatico religioso, conosciuto accidentalmente durante un tragico salvataggio a una mongolfiera in difficoltà, che è deciso a piegarlo al suo amore.
Nel molestatore “rifiutato” ed in quello “rancoroso”, gelosia e vendetta appaiono certamente i “sentimenti” – ovvero gli stati d’animo – prevalenti e determinanti. La gelosia, come è noto, non riveste necessariamente un carattere intrinsecamente patologico. Essa rappresenta l’espressione di un conflitto tra la tendenza al possesso completo ed esclusivo del partner e la realtà vissuta.
Una particolare forma di stalking è quella definita “occupazionale”; le categorie vittimologiche a rischio sono le donne e le professioni d’aiuto (78.6% donne contro il 21.4% di uomini). Gli studiosi concordemente hanno individuato almeno due possibili spiegazioni: 1) queste professioniste e questi professionisti entrano in contatto con i bisogni profondi di aiuto delle persone e possono più facilmente diventare oggetto di proiezioni, affetti, relazioni interiorizzate; 2) lo stalking può essere una domanda di attenzione o una ricerca di rivalsa (attribuzione di responsabilità di problematiche di varia natura). Spesso dall’ ambito professionale l’attenzione dello stalker viene canalizzata all’ambito più strettamente privato delle vittime.
La principale forma di violenza perpetrata nello stalking è la violenza psicologica, causa diretta di una serie di conseguenze sulla vittima che non coincidono necessariamente con la morte di quest’ultima.
Ovviamente ogni persona reagisce agli eventi stressanti con modalità particolari che dipendono da molti fattori quali la tolleranza alla frustrazione, la percezione degli eventi stressanti, il “potere” auto-percepito di fronteggiare le cause dello stress (elemento particolarmente correlato all’autostima), eventuali situazioni psicopatologiche pregresse, temperamento, disponibilità di aiuto sociale, storia di vita e altri fattori. Generalmente la vittima di Stalking manifesta problematiche legate ai disturbi d’ansia fino ad arrivare a sintomatologie che possono sfociare nei casi più gravi in un conclamato Disturbo Post-Traumatico da Stress o in Disturbi Dissociativi. La vittima può manifestare insonnia, incubi, pensieri intrusivi inerenti il molestatore (lo vede dappertutto), uno stato ansioso generalizzato, incapacità di rilassarsi, depressione o rabbia, irritabilità o scoppi d’ira o difficoltà a concentrarsi o a eseguire compiti, ipervigilanza, e/o esagerate risposte di allarme; i sintomi causano disagio clinicamente significativo o menomazione del funzionamento sociale, lavorativo o di altre aree importanti. Ovviamente anche le persone vicine alla vittima possono manifestare disagio psicologico, preoccupazione o senso di impotenza. Per ovviare a questo molte delle vittime sono costrette ad adottare strategie comportamentali di evitamento che arginano la libertà della vittima. Cambia numero di telefono, domicilio, lavoro, in casi particolarmente gravi anche la città di residenza, tutto questo oltre che apportare un danno psicologico, porta anche un danno esistenziale alla vittima che deve ricostruirsi un’altra vita.
Lo stalker, come afferma il Professor Curci, sviluppa disturbi relazionali legati ad eventi traumatici che si manifestano con una richiesta ossessiva di affetto. Bisogna sottolineare che solo il 10% della popolazione degli stalkers presenta un quadro clinico di tipo psicopatologico. Dal punto di vista piscopatologico, può essere sempre identificata una profonda intolleranza narcisistica: la perdita, la sconfitta o la frustrazione in genere, verificatasi o semplicemente temuta, certamente inaccettata, innesca il tentativo del suo superamento e della sua negazione. Il superamento della frustrazione porta a diventare un molestatore.
Esiste poi in alcuni casi di stalking, una dipendenza, oltre a quelle da stupefacenti o da alcol, da bisogni di relazione interpersonali e di assistenza, come nel caso del Disturbo Dipendente di Personalità. L’incertezza in questo caso caratterizza ogni atto dello stalker : egli tormenta e perseguita perchè non può lasciar andare l’altro, non essendo in grado di sopravvivere senza una costante presenza capace di rassicurarlo, guidarlo, nel tentativo di soddisfare il suo insoddisfacibile bisogno anomalo.
Anche nella vendetta abbiamo comunque un disturbo dell’equilibrio narcisistico. Il comportamento della vittima riapre la ferita antica, riporta in luce la perdita remota, innescando le molestie di rivalsa dello stalker.
L’utilizzo diffuso di internet espande notevolmente i mezzi di persecuzione agiti dallo stalker: l’e-mail, la chat e l’ormai noto SMS. A volte il rapporto stalker/vittima avviene solamente in modo virtuale cioè tecnomediato dal web. Alla luce delle moderne teorie cyber-criminologiche, che danno grande importanza al fattore “anonimato” su cui l’autore del cyber-crime fonderebbe il rapporto con la vittima, è ipotizzabile quindi in taluni casi, valutare come sussistente, una sorta di “alterazione della percezione” dell’azione che l’autore va commettendo. L’assenza di un contatto visivo con la vittima, e l’asincronia di eventuali risposte genererebbero infatti in alcuni casi di stalker (ad esempio il corteggiatore maldestro), un quadro di sottostima dei danni psicologici provocati e della sofferenza inflitta. In tutti i casi suddetti lo stalker che agisce compulsivamente tende a seguire i propri bisogni e a negare la realtà, danneggiando progressivamente la propria salute mentale e la qualità della propria vita sociale che si deteriorano sempre di più, via via che la persecuzione si protrae.
Potremmo ragionevolmente dedurre che lo stalker abbia un modello di attaccamento insicuro (ansioso – ambivalente, evitante o disorganizzato) per cui il soggetto non può fare a meno dell’altra persona, la quale diventa funzionale per la propria esistenza, diventando un’ossessione. Va tuttavia evidenziato che nel fenomeno stalking è possibile scorgere dinamiche relazionali circolari, disfunzionali e sadomasochiste che coinvolgono non soltanto l’aggressore ma anche la vittima. In alcuni casi, infatti, la vittima può inconsciamente alimentare il comportamento persecutorio dello stalker accettandone talvolta regali, rispondendo a messaggi, alternando, con scarsi risultati, atteggiamenti buonisti di dialogo a diffide verbali e minacce di denunce. Talvolta la persecuzione ossessiva dello stalker collude psicologicamente con una carenza affettiva ed una condizione di solitudine della vittima, costretta drammaticamente ad accettare un sentimento patologico da cui fuggire, ma che, paradossalmente, ne riduce l’isolamento. Altre volte, infine, i conflitti precedenti e conseguenti ad una separazione coniugale possono sfociare in uno stalking alimentato da entrambe le parti, dove la vittima, pur colpita, gode tacitamente nel vedere “uscir fuori di senno” l’ex partner un tempo amato ed ora trasformato in aggressore. E’ evidente quindi che ogni singolo caso di stalking va inquadrato alla luce di un’analisi di tipo psicologico relazionale che esamini gli eventuali elementi patologici dello stalker, le risposte comunicative della vittima, le dinamiche affettive e la storia, quando esiste, del rapporto. Certo, questo tipo di analisi va fatta prima che lo stalking, già ricco di elementi violenti, evolva tragicamente in modo distruttivo; soprattutto, occorre intervenire con tutti gli strumenti necessari, legali, psicologici, assistenziali, per tutelare la vittima, non soltanto nella fase massima della persecuzione ma fin quando non ne abbia superato i danni.
Secondo l’ONS (Osservatorio Nazionale Stalking) un italiano su cinque nella vita è stato oggetto di forme di molestia annoverabili nello stalking e non stupisce che di questi l’80 per cento siano donne. La maggior parte dei comportamenti assillanti, viene messa in atto da uomini nei confronti delle partner o delle ex-partner (circa il 70% dei casi), l’età è compresa tra i 18 ed i 25 anni (il 55% dei casi) quando la causa è di abbandono o di amore respinto o superiore ai 55 anni quando ci si trova di fronte ad una separazione o a divorzio.
Dott.ssa Giusy Giannone