Articolo tratto da Repubblica Palermo di Salvo Palazzolo
Ecco le frasi shock dell’ex presidente delle Misure di prevenzione dopo aver commemorato il magistrato ucciso. Sull’abbraccio con Mattarella diceva: “Manfredi si commuove, che figura è?”. A una svolta l’indagine dei pm di Caltanissetta condotta dai finanzieri del nucleo di polizia tributaria di Palermo. I figli del giudice ucciso dalla mafia: “Senza parole”
PALERMO – Il 19 luglio scorso, il giudice antimafia Silvana Saguto è la madrina della manifestazione “Le vele della legalità“, pronuncia parole accorate per ricordare il sacrificio di Paolo Borsellino e degli agenti della scorta. Ma appena torna nella sua auto blindata, telefona a un’amica e sputa parole terribili contro i figli di Borsellino. Ce l’ha soprattutto con Manfredi, che il giorno prima ha abbracciato fra le lacrime il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, al palazzo di giustizia di Palermo.
Un abbraccio che ha commosso l’Italia. Ma non il giudice antimafia Silvana Saguto, che sbotta: “Poi, Manfredi Borsellino, che si commuove, ma perché minchia ti commuovi a 43 anni per un padre che ti è morto 23 anni fa? Che figura fai”. E insiste: “Ma che… dov’è uno… le palle ci vogliono. Parlava di sua sorella e si commuoveva, ma vaffanculo”.
Eccole, le parole terribili che pronunciava uno dei giudici simbolo di Palermo, che ha sequestrato beni per milioni di euro e oggi è indagata dalla procura di Caltanissetta per aver costruito un sistema di raccomandazioni e favori attorno alla gestione dei patrimoni sottratti ai boss. Il giorno dell’anniversario della strage di via d’Amelio, Silvana Saguto era infastidita perché aveva aspettato due ore sotto il sole l’arrivo delle barche della legalità al porticciolo di Ficarazzi, piccolo centro alle porte di Palermo. Ed era un fiume in piena contro la famiglia Borsellino. Tutte le sue parole sono rimaste impresse nelle intercettazioni fatte dai finanzieri del nucleo di polizia tributaria di Palermo.
Di Manfredi Borsellino, il giudice diceva: “È uno squilibrato, lo è stato sempre, lo era pure quando era piccolo”. Alla sorella Lucia, Silvana Saguto riservava altri insulti: “È cretina precisa “. Parole choc, che fanno di questa inchiesta del Gruppo tutela spesa pubblica, coordinata dal procuratore aggiunto Lia Sava, un durissimo atto d’accusa contro certa antimafia di maniera.
Sì, perché Silvana Saguto non perdeva occasione per recitare fino in fondo il ruolo di paladino della legalità. E, intanto, telefonava al suo collega presidente del tribunale Misure di prevenzione di Roma Guglielmo Muntoni per raccomandare il marito, l’ingegnere Lorenzo Caramma.
Perché a Palermo erano ormai scoppiate le polemiche su quell’incarico al coniuge nominato a ripetizione dal re degli amministratori giudiziari di Sicilia, l’avvocato Cappellano Seminara. Muntoni non si tirò indietro. Il 31 luglio, telefonò alla Saguto: “I miei amministratori sono precettati a cercare qualcosa che vada bene per un ingegnere bravo di Palermo “. E a qualcosa si pensò per davvero, un incarico al Cara di Mineo.
Ma la preoccupazione principale della Saguto era continuare a essere un giudice antimafia. Soprattutto, nei giorni in cui era al centro delle polemiche per la gestione dei beni sequestrati. Uno dei suoi pupilli, il professore dell’università Kore di Enna Carmelo Provenzano alzò l’ingegno. “Voglio fare qualcosa di impatto - le disse al telefono, e anche questo dialogo è stato intercettato - un incontro con i giovani che vogliono preservare gli eroi del contrasto alla criminalità, quindi voglio fare una giornata su di te”. Idea perfetta, per tentare di contrastare il servizio sulle “Iene” andato in onda due giorni prima. “Un convegno con un sacco di giovani”.
Provenzano meditava di mettere su un grande palcoscenico antimafia. La Saguto sembrava più tranquilla. Pensò di passare una giornata al mare con l’amica Francesca Cannizzo, il prefetto di Palermo. Ma, si sa, a Palermo il vero problema è il traffico, soprattutto per raggiungere il mare nel week-end. Lo ribadiva anche il prefetto: “È l’inferno”. La Saguto rassicurò: “Ce ne possiamo fregare dell’infermo se vieni con me, abbiamo la mia macchina, c’è la preferenziale”.
Erano davvero grandi amiche la giudice e il prefetto. Qualche giorno prima, la Saguto aveva chiesto alla Cannizzo di raccomandare il brillante professore Provenzano per un altro incarico, al Cara di Mineo.