articolo di Alessandro Bisconti su Palermo Today
Preoccupata per la presenza a scuola dei due figli dell’imprenditore antiracket Gianluca Maria Calì, una rappresentante di classe ha scritto alla dirigente dell’istituto milanese frequentato dai due piccoli di 6 e 7 anni per dire che “sarebbe il caso che i bambini in questione uscissero da una porta secondaria e non all’orario canonico”.
E’ stato lo stesso Calì, imprenditore palermitano del settore auto che negli anni ha subito e denunciato numerose intimidazioni, a pubblicare su Facebook la lettera, nata dalla paura di alcuni genitori “che possa succedere qualcosa di molto serio ai loro bambini” e dal timore di partecipare a un incontro con Calì programmato per il 13 gennaio. Una riunione organizzata dalla scuola per presentare a tutti i genitori l’imprenditore, che lo scorso ottobre ha denunciato alla polizia e comunicato alla dirigente scolastica che i suoi figli avrebbero subito delle minacce proprio all’uscita dell’istituto.
“Sono ancora particolarmente turbato - dice Calì a PalermoToday -. Per fortuna dopo questa vicenda ho ricevuto migliaia di letture che mi fanno capire che non esistono sono solo queste ‘piccole’ persone. Tutto nasce da quanto successo lo scorso 19 ottobre, quando i miei figli all’uscita dalla scuola sono stati avvicinati da due uomini su una Mercedes con i vetri oscurati, che con accento siciliano hanno chiesto alla baby sitter se quelli fossero i miei figli. Lei ha prontamente risposto che erano i suoi e io sono corso a fare denuncia e ho comunicato alla scuola quanto successo affinché fosse fatto quanto necessario per la sicurezza. I dirigenti si sono adoperati per risolvere i problemi ed è anche stato siglato un protocollo di intesa con il Comune per la protezione dei bambini”.
“Ma io – sbotta – non sono un pentito, sono solo un imprenditore che si è rifiutato di pagare anche un solo centesimo e ha sempre denunciato ogni pressione mafiosa. Eppure si parla di me come se fossi infetto da chissà quale malattia, che in realtà si chiama solo legalità. Il rischio che corro è forte, non ho a che fare con un ladro di polli, ma con la mafia ed è giusto e doveroso chiedere protezione perché io ho bisogno di fare una vita normale da padre di famiglia e imprenditore. Vengo da 5 anni di oblio e atroce sofferenza, voglio far capire che bisogna credere nello Stato. Spero che questa gente che ha paura non sia la regola. Dobbiamo far capire che non si può fare il gioco della mafia. Il messaggio di questa rappresentante di classe è una piccola vittoria per Cosa nostra, un autogol che non popssiamo permetterci”.
L’incontro del 13 gennaio era stato organizzato proprio per raccontare la sua storia di lotta contro la mafia, raccolta anche nel libro ‘Io Non pago. La Stra-Ordinaria storia di Gianluca Maria Cali” scritto da Francesca Calandra e Antonino Giorgi. “Oggi a maggior ragione confermo quell’incontro e spero che siano in tanti – si augura Calì – a partecipare”.