Il sindaco di Bagheria, con una nota datata 20 gennaio 2016, revoca il “comando” per 13 unità lavorative in carico al Coinres operative a Bagheria diffidando lo stesso ente alla emissione di qualsiasi nota o richiesta di retribuzione a carico del comune du Bagheria.
In parole povere 13 dipendenti Coinres, degli 81, in servizio a Bagheria vengono “rimandati al mittente” per essere “ridistribuiti” tra gli altri 21 comuni del consorzio.
Ma non è tutto, per due, dei 13 dipendenti “allontanati da Bagheria”, si aggiunge, nella nota, la poco lodevole considerazione di “poter essere ritenuti fiancheggiatori della famiglia mafiosa bagherese”, una “aggravante” di un certo spessore e che ha prodotto al primo cittadino l’ennesima denuncia per diffamazione, denuncia presentata lo scorso 6 febbraio al Commissariato di P.S. di Bagheria.
La vicenda ha inizio al termine del periodo di assegnazione del servizio raccolta e rimozione rifiuti operato dalla ditta Teach.
Siamo ai primi di ottobre dello scorso anno.
Da palazzo Ugdulena si decide di riprendere la gestione del servizio RSU e gli 81 operatori che operavano a Bagheria ricevono una comunicazione da parte del Coinres dove vengono informati che il comune di Bagheria aveva richiesto l’attivazione dell’istituto di“comando del personale ex Coinres presso il comune” richiamando un accordo temporaneo tra consorzio e comune specificando che questa speciale forma di gestione dei rifiuti sarebbe scaduta il 14 gennaio del 2016.
Questo accordo veniva sottoscritto in data 7 ottobre 2015 dal sindaco Patrizio Cinque e dal Commissario Straordinario del Coinres, dott. Francesco Mannone.
Allo scadere del periodo concordato lo stesso primo cittadino di Bagheria richiedeva al Coinres la proroga fino al 31 maggio di quest’anno con l’utilizzo del personale addetto al servizio di raccolta RSU sempre nella misura di 81 unità.
Sei giorni dopo la stesura della proroga del nuovo contratto viene prodotta la “revoca del comando” per 13 dipendenti con la richiesta di “cessazione per sopraggiunte esigenze di servizio”. In parole povere a 13 operatori viene intimato di non svolgere più il proprio servizio in città e viene praticamente chiesto al Coinres di ridistribuirlo in altre sedi.
Fin qui vengono riportate frasi tratte dai documenti ufficiali in nostro possesso, alle quali vanno aggiunte voci che tendono a far pensare che dietro questo “allontanamento dei 13 dipendenti” da parte dell’amministrazione comunale di Bagheria possa essere messo in relazione con l’attentato incendiario all’auto del geometraOnofrio Lisuzzo.
Del resto, ad avvalorare questo pensiero basta leggere la motivazione ufficiale espressa nella nota che riporta “che il personale interessato non sia funzionale al buon andamento del servizio RSU nel territorio bagherese e sottolinea che due di loro in particolare potrebbero ritenersi fiancheggiatori della famiglia mafiosa bagherese e che pertanto sono incompatibili con lo svolgimento di attività lavorativa per la Pubblica Amministrazione e non possano in alcun modo lavorare per i cittadini bagheresi”.
I due dipendenti accusati di essere “probabili fiancheggiatori della mafia” dopo qualche giorno hanno presentato formale denuncia presso il commissariato di P.S. di Bagheria accompagnati dall’avvocato Pietro Incandela.
Nella denuncia si chiede di essere messi a conoscenza attraverso quali denunce o esposti il sindaco abbia appreso che gli esponenti siano fiancheggiatori della mafia locale e come mai in data 7 gennaio, alla scadenza del precedente accordo, veniva richiesto l’utilizzo del personale addetto al servizio raccolta rifiuti nella misura di 81 unità quindi compresi anche coloro che qualche giorno dopo sarebbero stati allontanati.
Viene anche evidenziato che i dipendenti chiamati in causa non hanno avuto mai notificato provvedimenti ove gli stessi risultino indagati in ordine a condotte connesse alla criminalità organizzata o a frequentazioni di ambienti malavitosi di stampo mafioso. In chiusura, si sottolinea nella denuncia, non si può non considerare che l’essere accusato, a qualsiasi titolo, di essere “mafioso” comporta l’applicazione di un “marchio” che produce terra bruciata non solo intorno a chi viene accusato ma anche ai componenti del loro nucleo familiare senza contare l’assoluta impossibilità di poter trovare lavoro presso i locali imprenditori privati
articolo tratto da Il settimanale di Bagheria
In copertina Foto di archivio