di Pino Grasso
Farina doppio zero, farina rimacinato, mollica, olio d’oliva, cipolla, acciughe, pomodoro e formaggio tuma. Sono gli ingredienti di sua maestà lo sfincione bagherese che ieri è stato l’indiscusso protagonista nell’atrio del settecentesco palazzo Butera dove è stata allestita la manifestazione “Sfincione fest” con una ventina tra panificatori e pizzaioli che hanno preparato il gustoso e prelibato alimento non solo natalizio. Centinaia le persone che hanno preso parte alla manifestazione.
L’iniziativa è stata organizzata dall’Associazione “La Piana d’Oro” e dalla Pro Loco di Bagheria “Città delle Ville” in collaborazione con la confraternita del Patriarca “San Giuseppe”, con il patrocinio del Comune di Bagheria e del GAL Metropoli Est.
“L’evento – dichiara il presidente dell’associazione “La Piana d’Oro” Michele Balistreri – si pone come un progetto di marketing territoriale di valorizzazione dello sfincione bagherese, pensato per coinvolgere direttamente i produttori e gli operatori che rientra in un disegno programmatico ancora più ampio che è quello di avviare un percorso di riconoscimento del marchio d’identità e di tracciabilità. Lo scopo dell’evento costituisce una parte della strategia che ha come scopo il rafforzamento della vocazione turistica del territorio, ponendo come ambito produttivo l’agro-alimentare e l’eno – gastronomia.” L’attenzione è stata rivolta alla sensibilizzazione sui temi legati ad una alimentazione sana e salutare, che passa dall’utilizzo nei processi di lavorazione della panificazione, delle farine derivanti dai grani antichi siciliani. Promozioneranno i loro prodotti, aziende che appartengono alla filiera gastronomica dello sfincione: produttori di farine, di olio, di trasformazione dei prodotti ittici e caseifici. Lo sfincione anche se nasce come un cibo per le feste, è un piatto povero e simbolo della cultura del “cibo da strada” di Palermo e dei comuni immediatamente a oriente del capoluogo siciliano (Ficarazzi, Bagheria, Santa Flavia, Casteldaccia).
Una sua variante è quella preparata a Bagheria, secondo una ricetta alternativa che non prevede l’uso della salsa di pomodoro, sostituita da tuma (o ricotta) per lo sfincione bianco. In base a ricerche storiche lo sfincione fu probabilmente inventato dalle suore del monastero di San Vito, ma è a Bagheria però che grazie al particolare condimento che lo caratterizza, ha acquisito una spiccata individualità che lo contraddistingue.“Un distinguo che gli meriterebbe il riconoscimento di tracciabilità – aggiunge Balistreri – che ne protegga e tuteli metodi di preparazione e di lavorazione e la qualità dei prodotti utilizzati, legati al territorio. Lo sfincione è stato eletto, comunque, dalla comunità culinaria bagherese come piatto di rappresentanza”. In effetti lo sfincione bagherese viene distribuito in tutto il mondo in quanto gli emigranti continuano a richiederlo a tutti i fornai di Bagheria per un indotto che crea ricchezza tutto l’anno. La sostanziale superiorità dello sfincione bagherese è di fatto riconosciuta anche dai “palermitani” ed è comunque è opinione acclarata che lo sfincione, quello originale, nasce a Bagheria.
Nel corso della giornata è stato dato ampio spazio anche alla cultura, all’animazione, all’intrattenimento e agli spettacoli con la partecipazione del gruppo folk “Sicilia Bedda”, i Tamburinari della scuola “Ciro Scianna e lo zampognaro.