Il Castello

Considerato il monumento più importante del paese, il Castello venne costruito a partire dalla seconda metà del quindicesimo secolo.

La struttura originaria dell’edificio è costituita dalla torre, che col tempo fu oggetto di diverse opere di modifica.

Attorno al 1733 ad essa venne aggiunta un ulteriore ala ad oriente e fu realizzata la suggestiva scala in pietra a due fughe.

Situata su pregevoli archi, la scala è affiancata da una pregiata balaustra intervallata da acroteri. Successivamente venne edificata una cappella gotica, che fu poi denominata del Crocifisso, e della quale ci restano solo i muri di cinta nei quali si intravedono esili archi.

Con il passare del tempo il Castello non fu più usato a scopi difensivi ma bensì abitativi. Questo portò alla realizzazione di ulteriori ambienti, nello specifico di grandi saloni con tetti decorati, terrazze e ampi balconi, un elegante portale in pietra all’ingresso.


Considerato il monumento più importante di Ficarazzi, il Castello ne è divenuto il simbolo per eccellenza perché ne testimonia la fiorente economia del passato e l’irreversibile degrado del presente. La torre, nucleo originario dell’attuale struttura, fu edificata da Perosino De Jordano nel 1468, su commissione di Pietro Speciale, figura illustre che aveva ottenuto la baronia di Ficarazzi dagli aragonesi. Essa era uno degli elementi che costituiva il trappeto, insieme alle case sorte per ospitare i lavoratori stabili e stagionali. Solcata dall’Eleuterio e vicina ai boschi dei monti di Bagheria, la piana di Ficarazzi era il luogo ideale per impiantarvi la canna da zucchero, detta “cannamela”, cosa che fece appunto Pietro Speciale insieme a Lodovico Del Campo ed Umbertino Imperatore. Per un lungo periodo la coltivazione e la lavorazione della

canna da zucchero consentirono larghi guadagni ai produttori e lavoro a numerosi braccianti. A causare il declino della produzione locale fu la massiccia immissione nel mercato di un prodotto più raffinato ed economico proveniente dalle Americhe. Quando, nel 1648, il villaggio di Ficarazzi fu ceduto ai padri Teatini, era già in gravi condizioni economiche. Del 1731 sono gli elementi decorativi realizzati dall’artigiano Giuseppe Pirecò che impresse il proprio nome e la data sul retro del fastigio. Nel 1733 la proprietà fu ceduta a Luigi Giardina De Guevara Lucchese ed Alagona, marchese di Santa Ninfa e barone di Gibellini, che può ritenersi il fondatore del nuovo centro, da lui eretto a principato. Per adeguarla alla funzione di Palazzo baronale, la vecchia torre fu ampliata con l’aggiunzione dell’ala orientale e fu costruita la scenografica scala in pietra, a due fughe. Adagiata su archi rampanti, la scala è fiancheggiata da una prestigiosa balaustra interrotta da acrotèri. Nel cosiddetto “Baglio” del Castello fu annessa una cappella gotica, dedicata all’Ascensione del Signore, detta, in seguito, del Crocifisso, della quale restano oggi i muri perimetrali nei quali si scorgono finissimi archi. A don Giulio Giardina si deve la collocazione dello stemma di famiglia. Con don Diego Giardina Naselli, nel 1812, il castello, persa ormai definitivamente la funzione difensiva, fu destinato a palazzo residenziale. Furono realizzati ampi saloni con soffitti decorati, si aprirono terrazze e balconate e fu eretto un sontuoso portale di pietra all’ingresso. Dopo i Naselli, gli interventi di manutenzione si fecero sempre meno frequenti e, durante il periodo borbonico, i sotterranei furono trasformati in prigione. Negli anni 40 furono costruite le case popolari che in molti, oggi, vorrebbero vedere demolite. Nel 1948 la proprietà passò a Francesco Macchiarella. Gli eredi, nel 1960, quando ormai il manufatto risultava gravemente danneggiato, lo donarono alle suore Teatine dell’Immacolata Concezione che adibirono la struttura ad istituto educativo assistenziale. Nella foto, risalente ai primi del 900, è ben visibile l’abbeveratoio, abbattutto negli anni 60. L’ultima triste vicenda relativa alla conservazione del monumento storico risale al 1995 quando, nel corso di lavori promossi dal Comune e finanziati dalla Regione, fu abbattuta una delle case “terrane”.


Foto e testa tratti da documenti di Michele Manna (www.ficarazzi.it)

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